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Impingement (o sindrome da conflitto) subacromiale

“Dottore mi sono alzato stamattina che non riesco ad alzare la spalla! Non riesco neanche a vestirmi!”

Quante volte abbiamo sentito questa affermazione da parte di amici, parenti, conoscenti ecc. E’ una delle espressioni di quella che era conosciuta come “periartrite scapolo-omerale”, ma che oggi si definisce più precisamente come “impingement” o sindrome da conflitto sub-acromiale. La spalla d’altronde, tra le patologie a carico dell’apparato osteoarticolare, si pone al terzo posto tra gli interventi di protesizzazione, le stesse patologie osteoarticolari pongono l’Umbria, insieme a Marche, Abruzzo e Basilicata, come le regioni d’Italia a più alta incidenza. Ogni volta che l’arto superiore viene sollevato oltre un certo grado, si crea un restringimento tra l’osso dell’omero e l’acromion (una protuberanza della scapola) tra i quali, protetti da una guaina e da una borsa sierosa, scorrono i tendini della cuffia dei rotatori. Nella ripetizione di certi gesti atletici, professionali o della vita di tutti i giorni, a causa di squilibri muscolari, posturali o per l’irregolarità delle superfici ossee congenita o post-traumatica, si possono verificare fenomeni infiammatori acuti, i quali possono cronicizzare o degenerare ulteriormente.

La formazione di borsiti, con calcificazioni più o meno marcate, un irrigidimento dei tessuti molli e uno sviluppo di aderenze fanno parte della clinica, che spesso, oltre al dolore funzionale, porta il paziente alla percezione di un dolore “notturno” insopportabile e in un certo numero di casi alla rottura parziale o completa dei tendini stessi della cuffia, che nel 90% dei casi avviene su base degenerativa mentre nel 10% risulta di origine traumatica… e l’incidenza delle rotture di cuffia risulta in aumento! Il trattamento della rottura parziale della cuffia è essenzialmente conservativo e viene progettato e monitorato con l’aiuto del personale specializzato, per consentire un recupero dell’autonomia nella vita di tutti i giorni. La lesione completa ha invece una prognosi peggiore e quasi sempre un’indicazione chirurgica, così come le lesioni parziali che non rispondono alla terapia conservativa prolungata per alcuni mesi. Il personale specializzato o lo studio fisioterapico competente va consultato al più presto, perché una terapia riabilitativa iniziata precocemente e ben condotta, può interrompere il circolo vizioso che abbiamo descritto, evitando inoltre il ricorso a eccessive terapie farmacologiche od infiltrative, che diventano comunque indispensabili nelle fasi più avanzate della patologia.  Se le immagini diagnostiche rivelano la presenza di alterazioni anatomiche importanti, come la lesione più o meno completa della cuffia dei rotatori, o la presenza di calcificazioni molto voluminose, il trattamento chirurgico sarà quello più indicato. Dopodiché seguirà necessariamente un periodo adeguato di riabilitazione dove, se i mezzi e le competenze saranno molto specializzate, ci sarà una garanzia di una ripresa completa nei tempi e nei modi indicati dalla “evidence based medicine”.

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